Il consumismo e, per proprietà transitiva, il capitalismo ci ha indotti a considerare le relazioni affettive, romantiche e non, come un qualcosa di additivo, statico e per niente conflittuale. Una visione non da sempre radicata nell’inconscio umano, ma figlia di un mondo irrequieto, dal quale si tenta di fuggire creando una dimensione ideale, fittizia, in cui al contrasto si preferisce l’assuefazione. Questa forma repressiva sfocia nella tossicità dei rapporti, molto spesso nella violenza fisica o nell’omicidio, elementi poi strumentalizzati dai media come beni di consumo, finalizzati all’utilitaristico guadagno di una multinazionale.
Gli antichi Greci e gli antichi Romani, invece, avevano concepito il concetto di Militia Amoris e spesso associavano il gergo bellico a quello amoroso. Dal loro punto di vista, tutte le relazioni dovevano essere impregnate di conflitto, che doveva essere espresso in maniera totalmente spontanea e questo consentiva l’equilibrio personale, famigliare e sociale, usando l’arte e il teatro, sottoforma di catarsi aristotelica nella tragedia, come medium per normalizzarlo nella società.